L’Europa iniqua e i rom
di Moni Ovadia
I rom non trovano pace in questa iniqua terra d'Europa che non li vuole, che li tratta come un problema, come un ingombro di cui sbarazzarsi allontanandoli alla vista del "uomo della strada". I cosiddetti cittadini per bene, quelli che in passato votarono a milioni per partiti razzisti pur di difendere i loro piccoli e risicati privilegi non hanno minimamente fatto propria la tragica lezione che la cultura dell’ intolleranza ha impartito al vecchio continente sulla pelle di chi in un modo o nell'altro era considerato diverso Allora i rom erano in compagnia degli ebrei e di altri indesiderabili, adesso sono soli. La cattiveria con cui vengono trattati lascia indifferente l'opinione pubblica. Il problema è confinato al rifiuto della contiguità. Le persone "normali" non li vogliono vicini. A Milano mille "persone per bene" firmano una petizione contro la giunta di centro-destra che ha dato l'assenso alla costruzione di un insediamento per famiglie rom, grazie ad un finanziamento stanziato dal ministro Maroni, facendo leva sulla guerra fra poveri: senza lavoro milanesi contro zingari. I firmatari della petizione, leghisti duri e puri, chiedono l'intervento di Bossi in nome della tradita identità leghista. Se Bossi non darà loro soddisfazione, possono rivolgersi ad un altro che ce l'ha duro con i poveracci: Sarkozy che essendo un destro cattivista di corta memoria - Sarkozy è di origini ebraico-ungheresi - espelle, e disloca i rom senza risolvere un bel niente. A quante inutili vessazioni dovranno essere sottoposte le popolazioni rom e sinti perché la pavida ed imbelle Europa dia mano ad una legge vincolante per tutti i paesi comunitari che riconosca loro il pieno statuto di cittadini europei con il diritto di risiedere dovunque scelgano di farlo sulla base dello ius soli e nel rispetto delle loro specificità sociali e culturali? Si paghi finalmente questo debito!
21 agosto 2010
mercoledì, agosto 25, 2010
giovedì, agosto 19, 2010
Tv insieme, Silvio e Muammar sulla stessa lunghezza d’onda
di Ninni Andriolo e Umberto De Giovannangeli (l'Unità)
Una cosa ci tiene a chiarire prioritariamente: nessuno, al di là di una puntualizzazione del finanziere-produttore-amico del Cavaliere, Tarak Ben Ammar, ha provato a smentire quanto da lui scritto nell'articolo-bomba pubblicato sul Guardian il 6 settembre 2009. John Hooper è l'autore dello scoop che ha disvelato le operazioni finanziarie tra Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi, facendo emergere quello che il reporter britannico ha definito un «colossale conflitto di interessi». «Il fatto è – annota Hooper – che a unire i due leader non è solo il pugno di ferro contro gli immigrati clandestini. A unirli ci sono anche e per molti aspetti, soprattutto gli affari». Affari di famiglia.
È la Libyan connection. Vale la pena riportarla alla memoria, perché questa storia dà spessore e concretezza alle esternazioni sibilline di alcuni parlamentari «finiani», in primis Carmelo Briguglio, sulla «reale natura» delle relazioni tra Berlusconi e Gheddafi (e Vladimir Putin). Il Guardian scrive che nel giugno (2009) «come riportato da una piccola agenzia di stampa italiana, Radiocor», una società libica chiamata Lafitrade ha acquisito il 10 per cento della Quinta Comunication, una compagnia di produzione cinematografica fondata da Tarak Ben Ammar, storico socio di Berlusconi.
Lafitrade è controllata da Lafico, il braccio d'investimenti della famiglia Gheddafi. E l'altro partner di Ben Ammar nella Quinta Comunication è, «con circa il 22 per cento» del capitale scrive il Guardian, una società registrata in Lussemburgo di proprietà della Fininvest, la finanziaria di Berlusconi. Non solo: Quinta Comunication e Mediaset possiedono ciascuna il 25 per cento di una nuova televisione via satellite araba, la Nessma Tv, che opera anche in Libia, sulla quale Gheddafi potrebbe esercitare influenza attraverso la quota che ha rilevato nella Quinta Comunication. A Repubblica Ben Ammar puntualizza che Nessma Tv è di proprietà sua, al 25 per cento, di Mediaset per un altro 25, di due partner tunisini per il restante 50. L'ingresso di Gheddafi in Quinta Comunication, spiega, è avvenuto nell'ambito di un aumento di capitale ma solo perché interessato alla produzione di film sul mondo arabo. È bene soffermarsi su questo punto-chiave. E leggere nelle percentuali.
La sintesi è che Nessma Tv, appartiene al presidente del Consiglio italiano che ne detiene il 25% attraverso Mediaset Group, l'azienda di famiglia. Il resto è in mano per il 50% alla Karoui&Karoui World, dei fratelli Karoui, e a Tarek Ben Ammar per il restante 25% attraverso Quinta Communications. Creata nel 2007 dai fratelli Nebil e Ghazi Karoui, Nessma Tv è stata ripresa nel 2008 da Berlusconi e Ben Ammar, con l'obiettivo di farne la prima tv commerciale del Maghreb.
Un anno dopo l'articolo-scoop, il corrispondente del Guardian osserva con l'Unità che «per quanto riguarda i rapporti fra Gheddafi e Berlusconi non è stata fatta chiarezza. Il fatto è che l'opposizione non incalza il presidente del Consiglio su queste questioni. In qualunque altro Paese d'Europa, un premier sarebbe chiamato a resocontare in Parlamento sull'operato del Governo specie di fronte ad accuse di interessi personali...».
«In Inghilterra – ricorda John Hooper – il Primo ministro va due volte alla settimana in Parlamento per un confronto “uno contro uno” con il leader dell'opposizione. Berlusconi, invece, “diserta” il Parlamento ed evita il confronto. Cosa tanto più grave quando emergono sospetti concreti di un conflitto di interessi per ciò che concerne i rapporti tra Berlusconi e Gheddafi, come tra Berlusconi e Putin». Il discorso investe anche i media, pubblici (le Tv) e privati: «Dovrebbero – annota ancora Hooper – fare domande più dure, incalzanti, al premier, ma ciò, salvo rare eccezioni, non avviene...». «Berlusconi è un Primo ministro che sembra avere tra i suoi migliori amici in campo internazionale un ex capo del Kgb, Putin, e il dittatore libico, Gheddafi. Si dice che le persone si riconoscono dalla compagnie che frequentano...», dice a l'Unità David Lane, corrispondente dell'Economist e autore di un libro che tanto ha fatto infuriare il Cavaliere e il suo entourage: «Berlusconi's shadow».
«C'è una evidente attrazione fatale di Berlusconi per quel che riguarda i rapporti con la Libia. Rimane sempre indistinto il confine fra i suoi affari personali e le relazioni politiche un presidente del Consiglio deve necessariamente avere», rileva Luigi Zanda, Vicepresidente dei senatori del Pd, già consigliere del Cda della Rai. Che sulla vicenda svelata dal Guardian, riflette: «Mentre gli investimenti di Berlusconi in Italia nel settore televisivo hanno un valore finanziario ma oggi ancor di più sono degli strumenti di forte influenza politica, in Libia Berlusconi, utilizzando i suoi rapporti personali con Gheddafi, fa solo business. Perché non credo proprio che il Colonnello gli faccia mettere il naso negli affari della politica interna della Libia. Non per niente quando Berlusconi va in Libia bacia la mano a Gheddafi».
Un «rito» che si ripeterà il 30 agosto, quando il Raìs sbarcherà a Roma per celebrare il secondo anniversario della firma dell’Accordo di cooperazione Italia-Libia. Petrolio, armi, infrastrutture, banche...Un colossale giro di affari, parte del quale non brilla quanto a trasparenza. Il «dossier libico», come quello «russo», è materia su cui il Parlamento dovrebbe fare chiarezza. Il silenzio è più che sospetto. È complice
19 agosto 2010
di Ninni Andriolo e Umberto De Giovannangeli (l'Unità)
Una cosa ci tiene a chiarire prioritariamente: nessuno, al di là di una puntualizzazione del finanziere-produttore-amico del Cavaliere, Tarak Ben Ammar, ha provato a smentire quanto da lui scritto nell'articolo-bomba pubblicato sul Guardian il 6 settembre 2009. John Hooper è l'autore dello scoop che ha disvelato le operazioni finanziarie tra Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi, facendo emergere quello che il reporter britannico ha definito un «colossale conflitto di interessi». «Il fatto è – annota Hooper – che a unire i due leader non è solo il pugno di ferro contro gli immigrati clandestini. A unirli ci sono anche e per molti aspetti, soprattutto gli affari». Affari di famiglia.
È la Libyan connection. Vale la pena riportarla alla memoria, perché questa storia dà spessore e concretezza alle esternazioni sibilline di alcuni parlamentari «finiani», in primis Carmelo Briguglio, sulla «reale natura» delle relazioni tra Berlusconi e Gheddafi (e Vladimir Putin). Il Guardian scrive che nel giugno (2009) «come riportato da una piccola agenzia di stampa italiana, Radiocor», una società libica chiamata Lafitrade ha acquisito il 10 per cento della Quinta Comunication, una compagnia di produzione cinematografica fondata da Tarak Ben Ammar, storico socio di Berlusconi.
Lafitrade è controllata da Lafico, il braccio d'investimenti della famiglia Gheddafi. E l'altro partner di Ben Ammar nella Quinta Comunication è, «con circa il 22 per cento» del capitale scrive il Guardian, una società registrata in Lussemburgo di proprietà della Fininvest, la finanziaria di Berlusconi. Non solo: Quinta Comunication e Mediaset possiedono ciascuna il 25 per cento di una nuova televisione via satellite araba, la Nessma Tv, che opera anche in Libia, sulla quale Gheddafi potrebbe esercitare influenza attraverso la quota che ha rilevato nella Quinta Comunication. A Repubblica Ben Ammar puntualizza che Nessma Tv è di proprietà sua, al 25 per cento, di Mediaset per un altro 25, di due partner tunisini per il restante 50. L'ingresso di Gheddafi in Quinta Comunication, spiega, è avvenuto nell'ambito di un aumento di capitale ma solo perché interessato alla produzione di film sul mondo arabo. È bene soffermarsi su questo punto-chiave. E leggere nelle percentuali.
La sintesi è che Nessma Tv, appartiene al presidente del Consiglio italiano che ne detiene il 25% attraverso Mediaset Group, l'azienda di famiglia. Il resto è in mano per il 50% alla Karoui&Karoui World, dei fratelli Karoui, e a Tarek Ben Ammar per il restante 25% attraverso Quinta Communications. Creata nel 2007 dai fratelli Nebil e Ghazi Karoui, Nessma Tv è stata ripresa nel 2008 da Berlusconi e Ben Ammar, con l'obiettivo di farne la prima tv commerciale del Maghreb.
Un anno dopo l'articolo-scoop, il corrispondente del Guardian osserva con l'Unità che «per quanto riguarda i rapporti fra Gheddafi e Berlusconi non è stata fatta chiarezza. Il fatto è che l'opposizione non incalza il presidente del Consiglio su queste questioni. In qualunque altro Paese d'Europa, un premier sarebbe chiamato a resocontare in Parlamento sull'operato del Governo specie di fronte ad accuse di interessi personali...».
«In Inghilterra – ricorda John Hooper – il Primo ministro va due volte alla settimana in Parlamento per un confronto “uno contro uno” con il leader dell'opposizione. Berlusconi, invece, “diserta” il Parlamento ed evita il confronto. Cosa tanto più grave quando emergono sospetti concreti di un conflitto di interessi per ciò che concerne i rapporti tra Berlusconi e Gheddafi, come tra Berlusconi e Putin». Il discorso investe anche i media, pubblici (le Tv) e privati: «Dovrebbero – annota ancora Hooper – fare domande più dure, incalzanti, al premier, ma ciò, salvo rare eccezioni, non avviene...». «Berlusconi è un Primo ministro che sembra avere tra i suoi migliori amici in campo internazionale un ex capo del Kgb, Putin, e il dittatore libico, Gheddafi. Si dice che le persone si riconoscono dalla compagnie che frequentano...», dice a l'Unità David Lane, corrispondente dell'Economist e autore di un libro che tanto ha fatto infuriare il Cavaliere e il suo entourage: «Berlusconi's shadow».
«C'è una evidente attrazione fatale di Berlusconi per quel che riguarda i rapporti con la Libia. Rimane sempre indistinto il confine fra i suoi affari personali e le relazioni politiche un presidente del Consiglio deve necessariamente avere», rileva Luigi Zanda, Vicepresidente dei senatori del Pd, già consigliere del Cda della Rai. Che sulla vicenda svelata dal Guardian, riflette: «Mentre gli investimenti di Berlusconi in Italia nel settore televisivo hanno un valore finanziario ma oggi ancor di più sono degli strumenti di forte influenza politica, in Libia Berlusconi, utilizzando i suoi rapporti personali con Gheddafi, fa solo business. Perché non credo proprio che il Colonnello gli faccia mettere il naso negli affari della politica interna della Libia. Non per niente quando Berlusconi va in Libia bacia la mano a Gheddafi».
Un «rito» che si ripeterà il 30 agosto, quando il Raìs sbarcherà a Roma per celebrare il secondo anniversario della firma dell’Accordo di cooperazione Italia-Libia. Petrolio, armi, infrastrutture, banche...Un colossale giro di affari, parte del quale non brilla quanto a trasparenza. Il «dossier libico», come quello «russo», è materia su cui il Parlamento dovrebbe fare chiarezza. Il silenzio è più che sospetto. È complice
19 agosto 2010
sabato, agosto 14, 2010
Caritas: "Più sbarchi dopo intesa con Libia"
Immigrati, continuano gli sbarchi
Un flop i respingimenti in mare
MIA RIFLESSIONE PERSONALE:
SE NON TI VEDO NON ESISTI
Gli sbarchi e i respingimenti dei clandestini, sembrano magicamente spariti, nessuno ne parla più. I telegiornali che ci hanno tempestato per anni, mostrandoci la tragedia di tanti esseri umani, ora tacciono. Ma qual è la verità?
La domanda è d’obbligo: i viaggi della speranza, grazie al discutibilissimo accordo stipulato con la Libia, sono cessati veramente? No, non sono cessati sono solo spariti dalle cronache, sono stati sepolti sotto una coltre di silenzio. Quei poveri derelitti continuano, come sempre, a sbarcare sulle nostre coste, magari con altri tipi d’imbarcazione meno appariscenti e dirottati su approdi meno noti (gli squallidi traghettatori si sono immediatamente adeguati). La nostra guardia costiera continua a fermare i battelli in mare e a respingere i profughi verso un amaro destino, spesso verso le sopraffazioni e la morte, senza neppure accertarne lo status. Bisogna, tra l’altro, ricordare che non è mai diminuito anzi è aumentato il flusso via terra, ma di quello non se n’è mai parlato, è meno appariscente e per questo più facile da nascondere. In ogni modo l’operazione mediatica è perfettamente riuscita, tutti o quasi tutti sono convinti che gli sbarchi e i respingimenti siano cessati perché i clandestini vengono fermati direttamente all’imbarco o perché dissuasi, sin dall’origine, a intraprendere il lungo viaggio che dovrebbe allontanarli dalla miseria, dalle guerre e dalle persecuzioni . Quindi niente più immigrazione clandestina; nell’immaginario collettivo, questo Governo è riuscito dove altri hanno fallito. Tutto questo è falso e mi riporta alla mente una discussione di qualche anno fa su un forum rai. In quel caso c’era un’utente che affermava che ciò che non vediamo non esiste. Bizzarra affermazione, condivisa, da alcuni, con stravaganti argomentazioni, ma confutata da altri. Ne nacque una lunga discussione, non priva di spunti filosofici e strane teorie new age con richiami a scrittori tipo Carlos Castaneda, un tizio che ha vissuto lunghi anni a contatto con uno sciamano e che sotto l’effetto di piante allucinogene, raccontava di strane visioni, di consapevolezza elevata ecc. alle quali attribuiva un significato ultraterreno .
Quella discussione si protrasse per molto tempo e occupò molte pagine con elucubrazioni assurde e prive d’ogni possibile ragionevole riscontro. Ricordo che come esempio era stata o tirato in ballo il nostro satellite. In parole povere il succo del discorso era questo: “ se non osservo la luna, se giro il capo dall’altra parte o le nuvole la nascondono alla mia vista, quel corpo celeste non esiste semplicemente perché non lo vedo”. Assurdo vero? Eppure si discusse per giorni e giorni su questa coglioneria. Ecco, ora gli sbarchi invisibili mi hanno riportato a quegli anni a quel confronto, mi hanno ricordato quella sterile discussione. Gli sbarchi dei clandestini o il loro respingimento non esistono perché non li vediamo più, non ce li mostrano, sono stati occultati. Quindi se non li VEDIAMO NON ESISTONO. Purtroppo la realtà è ben diversa bisognerebbe che tutti ci facessimo carico di portarla allo scoperto perché non possiamo nascondere la testa sotto terra come gli struzzi per non vedere ciò che non ci piace o per farci abbindolare da chi ha costruito, con enormi bugie, il proprio consenso alla faccia di un popolo inebetito da una televisione asservita al potere.
Immigrati, continuano gli sbarchi
Un flop i respingimenti in mare
MIA RIFLESSIONE PERSONALE:
SE NON TI VEDO NON ESISTI
Gli sbarchi e i respingimenti dei clandestini, sembrano magicamente spariti, nessuno ne parla più. I telegiornali che ci hanno tempestato per anni, mostrandoci la tragedia di tanti esseri umani, ora tacciono. Ma qual è la verità?
La domanda è d’obbligo: i viaggi della speranza, grazie al discutibilissimo accordo stipulato con la Libia, sono cessati veramente? No, non sono cessati sono solo spariti dalle cronache, sono stati sepolti sotto una coltre di silenzio. Quei poveri derelitti continuano, come sempre, a sbarcare sulle nostre coste, magari con altri tipi d’imbarcazione meno appariscenti e dirottati su approdi meno noti (gli squallidi traghettatori si sono immediatamente adeguati). La nostra guardia costiera continua a fermare i battelli in mare e a respingere i profughi verso un amaro destino, spesso verso le sopraffazioni e la morte, senza neppure accertarne lo status. Bisogna, tra l’altro, ricordare che non è mai diminuito anzi è aumentato il flusso via terra, ma di quello non se n’è mai parlato, è meno appariscente e per questo più facile da nascondere. In ogni modo l’operazione mediatica è perfettamente riuscita, tutti o quasi tutti sono convinti che gli sbarchi e i respingimenti siano cessati perché i clandestini vengono fermati direttamente all’imbarco o perché dissuasi, sin dall’origine, a intraprendere il lungo viaggio che dovrebbe allontanarli dalla miseria, dalle guerre e dalle persecuzioni . Quindi niente più immigrazione clandestina; nell’immaginario collettivo, questo Governo è riuscito dove altri hanno fallito. Tutto questo è falso e mi riporta alla mente una discussione di qualche anno fa su un forum rai. In quel caso c’era un’utente che affermava che ciò che non vediamo non esiste. Bizzarra affermazione, condivisa, da alcuni, con stravaganti argomentazioni, ma confutata da altri. Ne nacque una lunga discussione, non priva di spunti filosofici e strane teorie new age con richiami a scrittori tipo Carlos Castaneda, un tizio che ha vissuto lunghi anni a contatto con uno sciamano e che sotto l’effetto di piante allucinogene, raccontava di strane visioni, di consapevolezza elevata ecc. alle quali attribuiva un significato ultraterreno .
Quella discussione si protrasse per molto tempo e occupò molte pagine con elucubrazioni assurde e prive d’ogni possibile ragionevole riscontro. Ricordo che come esempio era stata o tirato in ballo il nostro satellite. In parole povere il succo del discorso era questo: “ se non osservo la luna, se giro il capo dall’altra parte o le nuvole la nascondono alla mia vista, quel corpo celeste non esiste semplicemente perché non lo vedo”. Assurdo vero? Eppure si discusse per giorni e giorni su questa coglioneria. Ecco, ora gli sbarchi invisibili mi hanno riportato a quegli anni a quel confronto, mi hanno ricordato quella sterile discussione. Gli sbarchi dei clandestini o il loro respingimento non esistono perché non li vediamo più, non ce li mostrano, sono stati occultati. Quindi se non li VEDIAMO NON ESISTONO. Purtroppo la realtà è ben diversa bisognerebbe che tutti ci facessimo carico di portarla allo scoperto perché non possiamo nascondere la testa sotto terra come gli struzzi per non vedere ciò che non ci piace o per farci abbindolare da chi ha costruito, con enormi bugie, il proprio consenso alla faccia di un popolo inebetito da una televisione asservita al potere.
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mercoledì, agosto 04, 2010
L'evento rituale
Nulla più ci stupisce.
La notizia non ci emoziona, l'evento è rituale, la coscienza trova rifugio nel labirinto della dialettica.
Quando coerenza fra pensare e fare?
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