martedì, ottobre 12, 2010

AUTOBIOGRAFIA DI UN INGANNO. LO SCOPO? DISFARE GLI ITALIANI
(Marco Revelli dall'inserto "Il Venerdì" di Repubblica

"Disfare gli italiani". Questa sembra essere diventata l'ultima frontiera della Lega. Non è ancora finita del tutto l'impresa di farli, gli italiani, dopo aver "fatto l'Italia", che già si lavora per smontare quel fragile embrione con un progetto ambizioso, che sembra andare al di là, e al di sotto, della semplice superficie della politica. E puntare al bersaglio grosso, al Dna della Nazione, per mutarne il codice genetico. E riscriverne l'autobiografia. A questo sembra orientato il disordinato lavorio di figure minori, apparentemente secondarie, macchiettistiche, caricaturali: sindaci brianzoli, assessori lombardo-veneti, tribuni di periferia, parroci sanfedisti, cronisti di gazzette locali, intrattenitori da balera, adoratori del "sacro Po" e di ampolle celtiche. A questo - difficile quanto consapevole - progetto, risponde l'aberrazione di Adro: la marchiatura del più civile degli spazi, della scuola, con i simboli ostentati della segregazione del luogo e di fede politica. E più in generale la moltiplicazione di "segni" di appartenenza, e di esclusività, su tutto ciò che dovrebbe essere, al contrario, pubblico, comune, aperto e condiviso (ponti, piazze, vie.....), quasi a marcare, appunto, il territorio nel più elementare dei gesti di appropriazione. A svellerlo dalla sua storia, dalla vicenda collettiva che l'aveva fatto quel che esso era, per ridefinirne l'identità.
Solitamente si liquida tutto ciò come folclore. Manifestazione di pessimo gusto, fastidiosa, persino oltraggiosa ma tutto sommato innocua, come il baso livello culturale, la rozzezza e la marginalità dei suoi protagonisti. Ma temo sia un errore letale. Intanto perché non è affatto vero che ignoranza e rozzezza siano in qualche modo "innocenti" né tantomeno innocue: hanno al contrario un terribile potenziale di contagio, nei punti di caduta della storia, e una distruttività pari alla semplicità elementare dei loro linguaggi (gli anni Trenta insegnano). E poi perché, dietro i volti impenetrabili di questi nuovi barbari, si può intravedere la minacciosa grandezza di un'dea mortale: la voglia di metter le mani sulla stessa base "antropologica" del vivere associato. Di generare un nuovo tipo "tipo umano", per così dire, misurato sul nuovo habitat che si è ridisegnato a colpi di soli padani. Sul "territorio" appropriato a un'altra umanità. diversa da quella precedente. Più dura, certamente. Più gelosa della propria "coscienza di luogo". Votata ad altri dei, meno comprensivi ed ecumenici dei vecchi. "Rieducata" persino nei suoi atti più nobili, le funzioni di "cura", le pratiche di volontariato, ripiegate sull'egoismo di sangue. L'homo padanus: emergente, per seccessione di comportamenti prima che politica, dall'incompiuto "italiano".
Se il nostro quadro istituzionale fosse stabile, si potrebbe forse guardare a tutto ciò con distacco. Ma non è così. E' come se i piccoli sindaci padani avvertissero gli scricchiolii del grande edificio nazionale. Come se Bossi e i suoi gauleiter padani intuissero una nuova "morte della patria", di un altro, strisciante 8 settembre.

3 commenti:

Claudia ha detto...

Un articolo interessantissimo, mette a nudo una realtà che molti sottovalutano o fingono di non vedere. E' un'analisi spietata e inquietante ma che coglie la vera essenza della Lega e il pericolo che rappresenta per l'unità d'Italia.

Anonimo ha detto...

Volevo solo fare un commento per dirle che sono felice di aver trovato il vostro blog. Grazie

Anonimo ha detto...

Grazie per la roba buona